La richiesta è quella di un incontro urgente per avere contezza circa le intenzioni della Regione. Perché in ballo ci sono il benessere di bambini e adolescenti, ma anche i posti di lavoro di centinaia di professionisti.
L’istanza parte dalla Federazione Italiana Scuole Materne e Nidi (Fism) Puglia a proposito dei buoni servizio minori, misura introdotta nel 2013, per favorire l’accesso ai servizi socio-educativi (Centro socio educativo diurno, ludoteca, servizi educativi e per il tempo libero e centri polivalenti per minori) alle famiglie in difficoltà economiche.
L’accesso al buono, infatti, è riservato ai nuclei familiari con Isee non superiore ai 20mila euro.
Per l’annualità 1° settembre 2024-31 luglio 2025 e quella successiva, la Regione ha previsto una dotazione finanziaria complessiva di 50 milioni di euro (25 milioni per ogni annualità), cifra inferiore al fabbisogno previsto, che quest’anno si aggira sui 42 milioni.
Il gap tra domanda e dotazione effettiva viene colmata solo parzialmente dai Comuni: “A Foggia città risulta un supporto del Comune, ma non tutte le amministrazioni hanno le risorse per co-finanziare la misura“, evidenzia Maurizio Conserva, delegato Welfare di Fism Puglia.
La Federazione non nasconde la preoccupazione per le somme stanziate, ritenute insufficienti per sostenere un servizio “che ha contribuito in maniera determinante a costruire il benessere dei bambini e degli adolescenti, a cogliere e prevenire il disagio, oltre che conciliare tempo di vita e di lavoro delle famiglie pugliesi. Un’azione che ha consentito anche l’aumento dell’occupazione, soprattutto femminile”.
Alla questione relativa ai fondi, si aggiunge anche quella legata ai tempi della pubblicazione delle graduatorie che non sarebbero stati rispettati. Nell’avviso pubblico della Regione, era stato fissato al 2 luglio il termine ultimo per presentare la domanda di accesso ai servizi attraverso il Buono: “Entro 30 giorni dalla chiusura del bando, gli Ambiti territoriali avrebbero dovuto pubblicare le graduatorie e noi venire a conoscenza dei bambini beneficiari del finanziamento, prima dell’apertura, in modo tale che ogni struttura avrebbe potuto predisporre il personale adeguato in base al numero di bambini finanziati”.
Ma questo accordo pattuito in un incontro con la Regione lo scorso 29 febbraio è stato disatteso e intanto i centri sono entrati in funzione: “A parte alcuni Ambiti, in molti casi non sappiamo chi sono i minori che hanno ottenuto il finanziamento e chi invece non ha preso soldi. Quando scopriremo chi ha ricevuto il finanziamento e chi no, bisognerà fare una scelta, a meno che la Regione non voglia venirci incontro”, spiega ancora Conserva.
“Se avessimo in tempo il numero delle domande finanziate e dei bambini che avrebbero potuto frequentare noi avremmo aperto i centri solo ai beneficiari, pur se a discapito di altri minori”, spiega ancora Conserva. I servizi, infatti, richiedono rette cospicue: “Noi dobbiamo mantenere standard qualitativi e organizzativi del personale che ci lavora all’interno”.
“L’unica cosa certa è che i centri educativi non hanno abbandonato nessun bambino o adolescente bisognoso di sostegno fuori dalle strutture educative. Educatrici ed educatori professionali sono al lavoro, anche se hanno la prosepttiva di non ricevere la giusta remunerazione economica”, paventa il delegato Welfare della Fism Puglia.
Secondo una stima, sarebbero circa 10mila le domande presentate in tutta la Puglia. Con 25 milioni di finanziamento, a fronte di un fabbisogno di 42 milioni, il rischio è che più di un terzo dei bambini sia destinato a restare a casa.
E lo stesso dicasi per i dipedenti: “Così il sistema rischia di implodere. Anche perché se a fine mese non si è in grado di pagare gli stipendi, si chiude o ci si indebita. Ma stiamo parlando di cooperative, non di imprese. E nessuno sarebbe disposto a lavorare per 400-500 euro al mese”.
Serve, dunque, la risposta della politica. In tal senso, l’assenza di un assessore al Welfare (la cui delega è in possesso del Governatore Emiliano) non aiuta: “Dal 2013 a oggi sono nate tante strutture aperte con finanziamenti regionali; lo standard qualitativo raggiunto è alto e sarebbe un peccato perderlo. Non abbiamo nulla con i dirigenti e i funzionari, che svolgono il proprio lavoro egregiamente. Chiediamo risposte dalla politica, la Regione deve dirci quali sono le sue intenzioni. Smantellare questo servizio costituirebbe un danno ai suoi fruitori (ovvero i bambini), nonché alla stessa Puglia”.
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