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Quando nascerà una Silicon Valley al Sud? #finsubito prestito immediato


Perché serve una Silicon Valley europea nel nostro Mezzogiorno. L’intervento di Valerio D’Angelo, Ceo di Fiven, azienda napoletana attiva nell’Intelligenza Artificiale con algoritmi in lingua italiana

 

La Silicon Valley è diventata un simbolo globale di innovazione tecnologica, crescita economica e trasformazione sociale. Una realtà che, osservata dall’Italia e dall’Europa, può per certi versi sembrare inarrivabile, ma che è meno distante di quanto immaginiamo. Soprattutto se osservata dal cuore del Mediterraneo e da quel Meridione d’Italia che troppo spesso è stato considerato una terra senza futuro e prospettiva.

Le condizioni per poter pensare che il Sud Italia possa concretamente diventare la Silicon Valley del Mediterraneo, in realtà ci sono tutte. Intanto il capitale umano, grazie ad atenei come il Politecnico di Bari, l’Università Federico II di Napoli con l’Academy della Apple, il primo centro europeo per lo sviluppo di app e competenze digitali, e l’Università della Calabria, giusto per citare i casi più noti. Poi il tessuto imprenditoriale, con un settore IT in forte fermento che mette insieme start-up innovative, aziende già consolidate e multinazionali che hanno stabilito qui un proprio hub. Infine, il contesto geografico e geopolitico e le sue recenti evoluzioni.

Se la Silicon Valley americana è fiorita, è anche grazie alla sua posizione strategica e la sua proiezione verso i mercati dell’Asia e delle Americhe. Il Sud Italia, grazie alla sua posizione centrale nel Mediterraneo, si trova in un contesto simile. Ma in più ha il vantaggio di essere fulcro delle nuove rotte energetiche, dopo che a causa del conflitto in Ucraina il loro asse si è traslato da Est-Ovest alla direzione Sud-Nord, e di essere il crocevia dei collegamenti tra continenti emergenti e in rapida crescita come l’Africa e il Medio Oriente.

La crescente importanza geopolitica del Mediterraneo, soprattutto in ambito digitale ed energetico, offre al Meridione un ruolo centrale. Infrastrutture come i porti di Gioia Tauro, Taranto e Napoli, insieme ai cavi sottomarini che collegano l’Europa all’Africa, al Medio Oriente e all’Asia, permetteranno un accesso senza precedenti ai flussi di dati e ai mercati emergenti. Sul fronte energetico, il Meridione beneficerà dell’espansione delle reti di gas e idrogeno verde che renderanno il Mediterraneo una nuova frontiera della sostenibilità energetica.

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Abbiamo quindi un’opportunità irripetibile. Tuttavia, come tutte le grandi trasformazioni, anche quella del Sud Italia richiede una visione ambiziosa e interventi concreti. Le Zone Economiche Speciali, ma ancor più il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresentano un’opportunità storica per colmare il gap infrastrutturale e accelerare la digitalizzazione. Si parla di decine di miliardi di euro destinati alla transizione digitale e verde, e il Meridione deve essere il motore di questa rivoluzione. I fondi devono però ricadere su aziende locali del settore IT, e non finire a gruppi esteri che qui hanno semplicemente aperto una loro unità.

Dobbiamo avere visione e dobbiamo puntare a far crescere le imprese sul territorio, dove il comparto è frenato dal nanismo ti tante realtà. Per competere su scala globale si deve crescere di dimensioni, e per farlo servono incentivi e defiscalizzazioni per chi si aggrega, misure e sgravi fiscali che devono essere chiari e affidabili nel tempo per poter attrarre sul nostro territorio anche investitori privati, compresi i grossi fondi di investimento internazionali, che oggi si limitano a osservarci da Milano.

Come ha sostenuto anche Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività Europea, è necessario investire e lavorare per creare valore, creare competenza ed evitare che i nostri giovani straordinari vadano a lavorare all’estero. Questo significa anche fare in modo che le supply chain delle nostre aziende di Stato, oltre quelle che vivono di mercato nazionale come Telco e dei gruppi bancari nazionali, possano essere italiane. Ancora meglio del Sud Italia. Questa azione sarebbe autoliquidante in quanto non richiederebbe ulteriori investimenti se non norme di sano sistema Paese.

Tutto ciò richiede il coraggio di osare, la capacità di trasformare il pensiero locale in una visione globale e un impegno costante da parte di istituzioni, imprese e cittadini. Il Meridione d’Italia ha il potenziale non solo per colmare il divario con il resto del Paese, ma per diventare un punto di riferimento mondiale per l’innovazione, la sostenibilità e lo sviluppo digitale. È tempo di agire.

 

 

 



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