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A Rimini il Ceis ha lo stesso valore culturale dell’Anfiteatro #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Il Ceis ha lo stesso valore culturale dell’Anfiteatro

Sul Ceis e anfiteatro romano in questi anni si è scritto tanto. L’attenzione è sempre stata tenuta alta da parte del consigliere Gioenzo Renzi di Fratelli d’Italia che ha chiesto ripetutamente in consiglio comunale che ci si attivasse per spostare l’Asilo Svizzero e tornare a scavare la sottostante parte dell’anfiteatro. Il Comune ha sempre risposto affrontando il problema, ben sapendo che non vi sono soluzioni facili. Sono state individuate aree dove è possibile trasferire il Ceis, è stata fatta intervenire la soprintendenza di Ravenna per fare dei sondaggi archeologici (fatti solo parzialmente negli anni passati). Sono stati stanziati altri fondi – 500 mila euro – per fare le verifiche e la successiva valorizzazione. Ma sta di fatto che il dibattito continua senza una soluzione definitiva.

Dibattito che assume anche un carattere culturale-politica-ideologica. C’è chi scrive che “è impossibile spostare il Ceis per la semplice ragione che ha partorito schiere di consiglieri comunali, assessori e sindaci, chiedere a loro di trasferire il Ceis è come chiedere di ammazzare la mamma (Oscar Mussoni, Carlino 8 ottobre)”.

Sarebbe insomma in corso una vera e propria battaglia ideologica per la salvaguardia di un pezzo di storia della sinistra riminese. Ci sta come ragionamento. Il Ceis è stato un intervento del “Soccorso Operaio Svizzero” quale contributo per la ricostruzione di Rimini dopo la Seconda guerra mondiale. Nel giro di pochi mesi diventa un vero e proprio villaggio dotato di una scuola materna con 150 posti, di una Casa dei Ragazzi per 20 orfani civili e di guerra e di un Centro Socioassistenziale (con docce pubbliche, mensa, distribuzione di mobili, laboratori per cucire, lavanderia pubblica, ecc.).

Oltre che erogatore di preziosi servizi, il CEIS diviene rapidamente un polo di identificazione per genitori, studenti, educatori, operatori sociali, studiosi di scienze dell’educazione sensibili al rinnovamento della scuola, ancora fortemente ancorata alla cultura dell’appena trascorso periodo fascista. Negli anni il Ceis è diventato un esempio ed un punto di riferimento per educatori ed insegnanti di tutt’Italia. Un punto di eccellenza per la scuola dell’infanzia del nostro Paese.

Tuttavia, fermarsi alla storia del Ceis, al ruolo innovatore nell’educazione dell’infanzia, alla presenza di tanti amministratori di sinistra che hanno frequentato il Ceis, per sostenere che è l’unico motivo per cui non lo si vuole spostare mi pare del tutto riduttivo. Dal mio punto di vista i problemi sono altri:

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  • Trovare un luogo dove spostarlo con caratteristiche simili, vicino al centro e con spazi all’aperto importanti.
  • Chi paga lo spostamento? Questo l’aspetto più rilevante e non di facile soluzione. Il Ceis è infatti un’associazione che non ha le risorse finanziarie per un intervento di nuova collocazione.
  • Ci possono essere contributi pubblici ma sempre tenendo conto che non è una scuola pubblica bensì a tutti gli effetti privata anche se riconosciuta dallo Stato e con rapporti, sin dall’inizio, con il Comune di Rimini.

Per queste buone ragioni penso che il problema vada risolto in altro modo.

Prendere atto che sull’area vi sono due grandi realtà storiche: l’Anfiteatro Romano e una scuola innovativa nata dalla distruzione della Seconda guerra mondiale. Inutile pensare di dividerle, non vi sono le condizioni.

Rischiamo di perdere un’esperienza come il Ceis pur di rivedere l’intero perimetro dell’Anfiteatro: che era già stato integralmente scavato, recuperandone tutti i dati relativi alla conformazione planimetrica, alla tecnica costruttiva, alla datazione.

Varrebbe la pena riportarlo del tutto alla luce? “Un intervento di ‘liberazione’ delle strutture a scopo di valorizzazione comporterebbe opere di sterro di notevole portata, che necessiterebbero comunque di una vigilanza archeologica permettendo un incremento dei dati archeologici che si può stimare come molto ridotto”. E’ quanto scrive la Soprintendenza archeologica di Ravenna in una relazione firmata il 22 marzo 2017 dal Soprintendente architetto Giorgio Cozzolino.

Per altro è anche falso che l’anfiteatro di Rimini sia grande come il Colosseo. Infatti le dimensioni esterne sono di 117,7 x 88 metri mentre l’anfiteatro Flavio è 187,77 x 165,64 metri, senza ovviamente considerare gli 80mila spettatori che poteva ospitare contro i 10mila di Ariminum. Voce nata distorcendo un’altra diceria, più antica ma altrettanto errata, che l’arena riminese fosse “seconda solo a quella del Colosseo”. Non è vero neppure questo, misura 76,40 x 47,40 metri quando per esempio a Florentia (Firenze) era 86 × 54 metri; ma il campanile è miope per definizione.

E allora chiudiamola questa discussione, dando dimostrazione di sapere valorizzare per intero il nostro patrimonio storico e culturale.

Ps: Non ho frequentato il Ceis.

 

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Il Partito Democratico e le concessioni demaniali

Il decreto-legge sulle concessioni demaniali, in corso di approvazione al parlamento trova la netta contrarietà da parte delle associazioni dei balneari.

Viene contestata in particolare, la mancata previsione del valore aziendale, sia materiale che immateriale, per risarcire il concessionario uscente a cui non viene rinnovata la concessione dopo il bando. Viene chiesto anche il diritto di prelazione per il concessionario uscente.

In realtà il decreto del Governo scontenta anche le forze di maggioranza che hanno presentato emendamenti per ripristinare il valore aziendale, l’avviamento commerciale, il diritto di prelazione. Mi stupisco che anche il Pd abbia sostanzialmente le stesse posizioni del centrodestra. Ricordo che il decreto è stato la conseguenza di un lavoro di mediazione tra il governo italiano e la commissione europea. Inserire il diritto di prelazione, il valore aziendale rischiano di produrre un no etto dalla Commissione Europeo con conseguente procedura d’infrazione.

Capisco e non condivido le ragioni dei partiti del centrodestra italiano che negli anni avevano promesso che non si sarebbero mai fatti i bandi. Non capisco e non condivido invece la proposta del Pd su questi aspetti. Chi ha deciso questa linea, dove è stata discussa e soprattutto perché il Pd non sta dalla parte dei più deboli, per il rispetto delle norme europee, e mettere fine ai monopoli di alcune lobby compresa quella dei balneari? Risposta alla quale non so dare una risposta. Spiace che non c’è mai stata una sede dove poter discutere.

Il Partito Democratico e la patrimoniale

A fine luglio, nella dichiarazione del G20 a Rio de Janeiro il presidente del Brasile Lula ha ottenuto l’inserimento di questo passaggio: «Nel pieno rispetto della sovranità fiscale, cercheremo di impegnarci in modo cooperativo per garantire che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano effettivamente tassati”.

E’ a questo passaggio che fa riferimento la segretaria del Pd nel proporre una patrimoniale a livello europeo per i super ricchi. Non è un’idea buttata lì per caso, durante una trasmissione televisiva. La proposta di introdurre una patrimoniale per i super ricchi, i Paperoni che vantano redditi multimilionari, è da sempre un un’idea della segretaria del Pd. Utile non solo ad aggredire il gigantesco tema delle diseguaglianze, che Elly Schlein considera cruciale, ma anche a caratterizzare da sinistra il programma di una (ancora eventuale) coalizione progressista alternativa alla destra.

«Non è un tabù», ha dichiarato la leader dem domenica suLa7 . Da declinare, intanto, in chiave europea. Insieme all’intera famiglia socialista, che difatti ha inserito la patrimoniale fra i punti salienti del suo manifesto per le elezioni di giugno.

La parola patrimoniale ora diventa vocabolo anche bipartisan. L’ha invocata il governo di centro destra e nazionalista di Michel Barnier in Francia.

In Italia, ad esempio, basterebbe una sovrattassa su chi ha un patrimonio medio sopra i 15 milioni e ora paga un’aliquota effettiva del 32%, più bassa di quella applicata ai redditi tra 28 e 50 mila euro per trovare 30 miliardi.

Ovviamente ci sarà ancora molta strada da fare anche perché alla patrimoniale si oppongono anche ceti sociali modesti e non certamente ricchi da oltre 15milioni.

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Ci sarà molta strada da fare, anche in casa del Pd.

Maurizio Melucci



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